La decisione di chiudere la Maserati fu presa quindi dalla Peugeot, subentrata alla Citroën.
Industrialmente la Maserati fu abbandonata mettendo così a repentaglio la sua stessa esistenza ma, per liberarsi delle obbligazioni della Casa del Tridente, la Peugeot firmò una fidejussione a favore della Maserati per circa cinque miliardi di lire.
In pratica, la Casa francese pagò a fondo perduto l'ingente somma per permettere all'Italia di salvare quel patrimonio che era la Maserati.
Senza dubbio un comportamento lodevole.
Seguirono affannosi tentativi per consentire al Marchio di sopravvivere.
Non si poteva permettere che la Casa automobilistica italiana di più lunga tradizione sportiva rischiasse di soccombere.
Inoltre, in tutti i mercati del mondo il nome Maserati era sinonimo di vetture di prestigio assoluto, il ricordo delle vittorie sportive ancora vivissimo.
No, non si poteva porre fine ad un patrimonio unico di cultura tecnica, sportiva ed umana. Eppure l'indifferenza fu tanta.
Fu così messo in atto un piano di salvataggio dell’azienda che prevedeva l’intervento dello Stato italiano, attraverso la Gepi, una società finanziaria creata per soccorrere le industrie in difficoltà, e privato. L’industriale argentino De Tomaso ricoprì quest’ultimo ruolo.
La Maserati fu così rilevata e salvata dalla liquidazione. La proprietà era detenuta ora dalla Gepi con una quota pari al 60% e con ruolo di controllo e da De Tomaso per la quota rimanente con facoltà di gestione.
De Tomaso, per quanto discutibile possa essere giudicata la sua gestione, è stato uomo di talento, di geniali intuizioni, con un passato di pilota e di collaudatore, amico dei fratelli Maserati.
Era insomma l’uomo che poteva dare le giuste direttive per costruire nuovamente macchine di grande personalità e carattere sportivo così come devono essere le vere Maserati.
La crisi sociale fa ancora sentire i suoi effetti e quella energetica ha cambiato il mondo dell’auto. Sarebbe completamente sbagliato proporre una vettura sulla falsariga, ad esempio della Ghibli, non c’è spazio adesso per vetture di tale rango. Già la produzione in corso, eredità della gestione Citroen, Bora, Merak e Khamsin fatica non poco a trovare estimatori.
Come estremo tentativo di riproporre vetture adeguate al rango Maserati, De Tomaso presenta allora, nel 1976, la Kyalami una rivisitazione estetica della De Tomaso Longchamp e la Quattroporte III, magnifico esempio di berlina di alta rappresentanza capace di prestazioni notevolissime.
Quest’ultimo modello riscuote molti consensi e risolleva le vendite della Casa ma è necessario ed improrogabile proporre una Maserati di livello inferiore, o meglio una Maserati al passo con i tempi.
De Tomaso, lo ricordiamo, prende in mano le redini di una Maserati distrutta: è necessario riorganizzare profondamente i processi produttivi, rinnovare i macchinari e linee di produzione.
Maserati ha bisogno al più presto di incrementare le vendite.
Per fare questo è necessario proporre una vettura che riprenda i caratteri tipici di una Maserati ma in forma “ridotta”, sia per immagine esteriore che per contenuti; i grandi motori V8 sono ora improponibili.
Per ottenere lo scopo, per far fronte alle problematiche del periodo, si giunge alla decisione di porre la nuova vettura in un segmento fino allora inesplorato. Quello delle vetture di due litri di cilindrata dapprima proponendo per il mercato italiano la versione 2 litri della Merak poi, il 14 dicembre 1981, la Biturbo.
Vettura concettualmente geniale e rivoluzionaria, la Biturbo, con le sue evoluzioni, segna e percorre tutta la storia della gestione De Tomaso.
E' una vettura che sembra rispecchiare la personalità del suo ideatore. O la si ama o la si odia.
Alejandro De Tomaso, argentino di origini napoletane, nasce da una famiglia agiata. Il suo carattere burrascoso e inquieto lo porta ad avere problemi con il regime peronista che lo costringono a fuggire all'estero lasciando in Argentina la moglie e i tre figli.
Arriva in Italia forte della sua passione per le corse. Comincia a correre, così come già faceva da ragazzo, e presto entra in contatto con la Maserati acquistando una A6GCS. Correrà anche per la O.S.C.A. dei fratelli Maserati i quali lo aiuteranno ad aprire una officina per l'elaborazione di motori.
Sulle piste conosce una ricca americana, Elizabeth "Isabelle" Heskell, che correva con una Maserati 150S. De Tomaso fece quindi da co-pilota a colei che sarebbe diventata la sua seconda moglie e che gli aprirà le porte della grande industria automobilistica americana.
Grazie ai finanziamenti ottenuti l'officina si trasforma nella De Tomaso Automobili la cui vettura più famosa è certamente la Pantera.
L'ascesa di De Tomaso è solo all'inizio: entrato in contatto con Lee Iacocca, il braccio destro di Ford, acquista - apparentemente per conto della Ford - la Moto Guzzi, la Benelli, la carrozzeria Ghia e la carrozzeria Vignale. In realtà, però, De Tomaso tutte queste aziende se le tenne per sé.
Nel 1968, De Tomaso cercò strenuamente di acquistare la Maserati e solo nel 1975 riuscì nel suo intento.
La GEPI fu il socio finanziatore mentre il socio d'opera, quello cioè che gestiva l'impresa, era De Tomaso. Per nomina politica, presidente della Maserati era Romano Prodi.
In quel periodo fu chiamato a far parte del consiglio di amministrazione Omar Orsi. La sua esperienza e le sue conoscenze furono ancora una volta indispensabili affinché la Maserati potesse continuare l'attività: per due anni circa, si adoperò per convincere i fornitori e i concessionari a non abbandonare la Casa.
Una volta esaurita la sua missione, e per attriti con De Tomaso, Orsi chiude ogni rapporto con la Maserati. Nel 1980 Omar Orsi muore.
Nel 1975 dunque troviamo alla guida della Casa del Tridente Alejandro de Tomaso, l'uomo del rilancio a cui va il merito di aver proposto la Biturbo, la vettura giusta in un periodo difficile della vita italiana e della Maserati stessa.
Paradossalmente è anche l'uomo del decadimento per via di una politica commerciale non attenta alla qualità del prodotto.
Se la gestione dei fratelli Maserati e quella della famiglia Orsi sono ricordate per la validità delle vetture e per i successi sportivi che hanno creato la leggenda della Casa, la gestione De Tomaso si distingue per la fortissima personalità di De Tomaso stesso.
Più che per le sue vetture, alcune delle quali hanno costituito una tappa importante nella storia delle automobili sportive come la celeberrima Pantera e la serie delle Biturbo, molti lo ricorderanno ancor più per la sua abilità politica e commerciale.
Alejandro De Tomaso, uno degli uomini più controversi e attivi del panorama industriale italiano, è da considerarsi l’ultimo dei romantici dell’automobile o un insensibile affarista “sfruttatore” di patrimoni storici italiani?
Egli assunse il ruolo di risanatore ma, stando alla realtà dei fatti, nessuna delle aziende da lui gestite si è mai stabilmente risollevata. La figura di De Tomaso è estremamente complessa: amava correre, amava sbalordire, amava lottare.
Forse amava addirittura farsi detestare.
Quella di De Tomaso è stata tutta una vita “estrema” come le sue vetture, le sue passioni, le sue convinzioni.
Aggressivo e spregiudicato, entrò ben presto in conflitto con il mondo industriale e, soprattutto, con quello sindacale di cui sarà sempre acerrimo nemico, e questo abbiamo già visto quanto possa essere nocivo, nonché con certa stampa.
De Tomaso lascia comunque il segno nel mondo delle belle auto, un mondo che lo ha impegnato, con alterne fortune, fino alla fine dei suoi giorni.
Come appassionati, ci piace immaginare, forse ingenuamente, che la sua “visione” della Maserati fosse quella di farla tornare quella degli inizi, quella capace di produrre poche, entusiasmanti vetture destinate a veri innamorati, e nostalgici, dello spirito più puro dell’auto sportiva.
Una attività che ancora oggi è propria di alcuni “Garages” inglesi.
In effetti, De Tomaso non ha mai cercato partner industriali a cui appoggiarsi.
Passionale, impulsivo, intraprendente, determinato, controverso, scomodo, sognatore, schietto, caparbio, esuberante, incostante, duro, intelligente, autarchico.
Esagerato sempre.
A noi non interessano le definizioni: per noi appassionati il merito più grande di De Tomaso è comunque quello di avere garantito la continuità e l'italianità dello storico marchio del Tridente.